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Dalla carabaccia alla soupe d’oignon

Tra Italia e Francia

La zuppa di cipolle è un piatto classico della gastronomia francese, ma una delle ipotesi è che sia arrivata alla corte del re di Francia direttamente dall’Italia, attraverso Caterina de’ Medici, che andò in sposa a Enrico II d’Orléans. Come sempre, in questi casi non si capisce se si tratta di leggende o di verità storiche, ma gli indizi ci sono tutti, considerando che le cipolle erano ampiamente utilizzate anche nella cucina toscana fin dal tempo degli Etruschi, come testimoniano alcuni affreschi dell’epoca e che, quindi, la ricetta della carabaccia toscana sia l’antenata della ricetta francese.

A Parigi, la tradizione della zuppa di cipolle è legata al quartiere degli antichi mercati generali di Les Halles, dove chi tirava tardi tra i vicoli della città all’alba andava a mangiare questo piatto corroborante nei bistrot che rimanevano aperti tutta la notte. Certo, la soupe à l’oignon di oggi si è di molto arricchita negli ingredienti fino a diventare anche un piatto proposto nei menù delle feste. In Francia ci troviamo al di là della linea dell’olio, in piena zona del burro, che viene utilizzato assieme a un ricco brodo di carne.

Nei ricettari francesi

Ma se andiamo a curiosare tra i ricettari francesi, scopriamo che proprio Alain Ducasse (tra gli interpreti più noti a livello internazionale della haute cuisine e della cuisine du terroir) in un suo libro riporta una ricetta della Soupe d’oignons à la calabraise, che è indicata anche con il nome di “licurdia”, per la cui preparazione è previsto, tra gli altri,  l’utilizzo dello strutto e del peperoncino. Ducasse precisa che non ci sono notizie precise sull’origine di questa ricetta, probabilmente riportata in Calabria da un emigrante che si è ispirato al piatto parigino. Ecco che anche la Calabria entra tra i protagonisti nella storia di questa preparazione, proposta, ovviamente, con l’impiego della ben nota cipolla rossa di Tropea. Comunque, senza fare troppe indagini, possiamo dire che con “licurdia” si intende un piatto di origine contadina che utilizza quanto di vegetale, tra ortaggi e erbe spontanee, è disponibile in casa per “fare zuppa”, tra cui sicuramente anche le cipolle, che potevano diventare l’ingrediente prevalente, se non addirittura esclusivo. Forse un giorno una Confraternita, o qualche Ente territoriale depositerà da un Notaio “la vera ricetta tradizionale” della zuppa di cipolle, ma vedete bene quanto sia difficile porre dei confini all’origine delle ricette: il cibo è testimonianza di quanto siano sempre stati intensi e proficui gli scambi e le contaminazioni tra i popoli nello scorrere dei secoli. A noi non rimane che apprezzare queste eredità e la capacità dei territori di promuovere filiere virtuose per valorizzare le differenze di ogni produzione locale.

Zuppa di cipolle alla Toscana

Da parte nostra, per non sbagliare, ci rifacciamo alla cucina dell’antica Roma, alle indicazioni del cuoco Celio e, quindi, alle variazioni che il piatto ha subito in Toscana, dove la preparazione è di casa. Vi proponiamo di utilizzare la “cipolla di Certaldo”, con una lunga storia alle spalle, considerato che è citata nel Decamerone del Boccaccio ed è rappresentata anche nello stemma del Comune. È una cipolla rossa coltivata fin dal Medio Evo e deve il suo sapore al terreno ricco di zolfo che si trova nella campagna certaldese. Ne esistono due varietà, seminate in periodi diversi dell’anno: la “statina”, più allungata e dolce, raccolta da fine maggio a metà settembre e consumata fresca nei mesi estivi; l’altra è la “vernina”, violacea e più schiacciata, dal sapore un po’ pungente, utilizzata per il consumo invernale da fine settembre in poi, che è quella che farà al caso nostro.

Per restare fedeli a uno stile più mediterraneo, vi propongo qui una versione di magro, raccomandandovi l’utilizzo di prodotti rigorosamente certificati bio. Una ricetta corroborante ma rispettosa di una scelta vegetariana, che può diventare anche vegana, se avrete l’accortezza di utilizzare formaggi vegani: ce ne sono di ottima fattura, ve lo assicuro! Proprio in questi giorni un formaggio vegano, il Climax Blue, ha rischiato di vincere al concorso Good Food Awards 2024, una gara che si svolge negli Stati Uniti e che premia i prodotti artigianali. peccato che l’hanno escluso perchè fatto con una miscela di ingredienti vegetali tra cui semi di zucca, fagioli di Lima, semi di canapa, grasso di cocco e burro di cacao!

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Cosa serve

  • 1 kg di cipolle rosse di Certaldo
  • 6 fette di pane toscano tostato al forno
  • 250 gr di pecorino toscano stagionato
  • 2 cucchiai colmi di farina
  • 1 bicchiere di vino bianco
  • circa 2 lt di brodo vegetale
  • Olio extra vergine di oliva
  • sale e pepe

Come si prepara:

  • Iniziamo affettando finemente le cipolle. Quindi le mettiamo a stufare con qualche cucchiaio di olio evo in una pentola capace, con fiamma dolce per circa 20 minuti. Giriamo spesso per far sì che le cipolle appassiscano, senza prendere colore.
  • A questo punto aggiungiamo la farina setacciata alle cipolle e amalgamiamo il composto, sempre col fuoco al minimo, per altri 5 minuti. Aggiungiamo poi anche il bicchiere di vino bianco, con buone note di mineralità, e giriamo ancora, alzando la fiamma.
  • Aggiungiamo ora il brodo vegetale e lasciamo cuocere per altri 30 minuti circa. Nel frattempo facciamo tostare le fette di pane in forno con un filo d’olio.
  • Trascorsi i 30 minuti, togliamo la pentola dal fuoco, aggiustiamo di sale e arricchiamo con una generosa manciata di pepe.

Prepariamo le ciotole, scegliendole del tipo che possano essere passate in forno, poniamo sul fondo una fetta di pane tostato, mettiamo abbondante formaggio grattugiato (e qui i gusti possono anche dividersi: parmigiano reggiano se vogliamo restare in Italia, emmental rapé per un omaggio alla Francia, oppure un «Gondino stagionato» se si vuole essere rigidamente vegani), versiamo la zuppa di cipolle sul pane e terminiamo con abbondante formaggio grattugiato. Procediamo con gratinare nel forno e passiamo all’assaggio.

Buon appetito!

Cosa bere con questo gustoso piatto

Siamo in Toscana, il piatto ha un sapore intenso, avvolge la bocca, è morbido e saziante: non ci sono grandi discussioni da fare e la scelta non può che cadere su un grande rosso di questa regione: il Chianti classico.

Colore rubino vivace, tendente al granato con l’invecchiamento. Il profumo è intensamente vinoso, con sentore di mammola e di viola, ma anche di erbe aromatiche e spezie. Il sapore è asciutto, sapido, leggermente tannico e di buona persistenza. È un vino che proviene dalla provincia di Firenze e di Siena, è formato dai vitigni di sangiovese, cannaiolo nero, trebbiano toscano e malvasia del Chianti.

Per degustare il vino, utilizzare un calice dalla forma piuttosto rotondeggiante, come il balloon, per apprezzare il colore del vino e con una luce abbastanza ampia per cogliere i profumi intensi e fruttati di questi vini. Temperatura di servizio: 18 °C.